
Storia di Elena e
della sua passione civile


Elena è una persona combattiva. Forse si deve al fatto che, in un certo senso, è figlia della guerra.
Perché Elena nasce nel 1945, l’anno che ha sancito la fine del fascismo e dell’occupazione tedesca, e che, nello stesso tempo, di quelle vicende tragiche ha anche conservato le ferite.
Elena è una persona combattiva. Forse si deve al fatto che, in un certo senso, è figlia della guerra. Perché Elena nasce nel 1945, l’anno che ha sancito la fine del fascismo e dell’occupazione tedesca, e che, nello stesso tempo, di quelle vicende tragiche ha anche conservato le ferite. Ferite che ormai ci sembrano lontane ma che lontane non sono, perché ci riguardano ancora. Se oggi siamo liberi, e possiamo confrontare democraticamente idee diverse, anche opposte, lo dobbiamo a chi si sacrificò in quella drammatica guerra che vide degli italiani contrapposti non solo allo straniero, ma anche ad altri italiani.
Troppo spesso lo dimentichiamo. E quando si dimenticano i fatti storici, si è destinati a ripetere gli stessi errori. Per fortuna ci sono persone come Elena, che dedicano tempo ed energie a mantenere viva la memoria.
Prima Presidente e poi vice Presidente del “Comitato Resistenza Colle del Lys”, Elena ha contribuito, con il patrocinio della Città metropolitana di Torino (ex Provincia) alla costruzione di un museo della Resistenza ecodiffuso in bassa Val di Susa e in Val di Viù, ovvero in quelle zone del Piemonte che furono teatro delle operazioni della 17esima Brigata Garibaldi. Sempre in quelle zone, l’associazione organizza ogni 2 di luglio una delle più grandi manifestazioni resistenziali d’Italia, per ricordare l’eccidio che là ebbe luogo, nel quale persero la vita 35 partigiani.
Rivoli è una cittadina di 50.000 abitanti a 15 km da Torino. È qui che Elena è cresciuta, prima bambina felice, in una famiglia che l’ha amata, poi giovane ragazza pendolare, che da Rivoli doveva andare in piazza Bernini, a Torino, per frequentare l’Istituto Magistrale.
Terminati gli studi, Elena ha vinto il concorso ed è diventata maestra di ruolo. La scuola, l’insegnamento, la possibilità di comunicare valori positivi in una fase cruciale dell’esistenza, quella in cui si innesca il passaggio dall’infanzia alla pre-adolescenza, sono stati i cardini di un approccio alla professione fortemente etico e motivato. Si potrebbe anche dire, senza paura di sbagliare, che tutto l’amore che ha ricevuto in famiglia, Elena lo ha restituito ai bambini delle scuole elementari che sono stati per 35 anni la sua passione più grande.
Intanto procedevano le vicende personali. Elena si è sposata nel 1971, e due anni dopo ha avuto una figlia. Il matrimonio però non funzionava bene. Elena aveva fatto un percorso negli scout, e non era stata insensibile alla rivolta studentesca del ’68. Come cantava Bob Dylan proprio in quegli anni, nella canzone The Times They Are A-Changin’, i tempi stavano cambiando, e con essi il ruolo della donna nella società. Suo marito era legato a una concezione ormai superata, e questo, in casa, creava tensioni. Si arrivò al divorzio. Poi, nel 1984, a cinque anni dalla separazione, Elena ha conosciuto Francesco, un collega insegnante, anche giornalista pubblicista, con cui si è risposata. La nuova famiglia era destinata a durare. Francesco e Elena sono insieme ancora oggi, nel 2024, e Xxx, la figlia allora undicenne, aveva trovato una nuova, positiva, figura di riferimento.
Dal 1996 al 2000 Elena è stata eletta Consigliere Comunale nella sua città, Rivoli. La grande passione educativa, unita a un forte senso civico, l’avevano spinta a interessarsi della politica locale. Il suo obiettivo era supportare concretamente l’ambiente nel quale lavorava da tanti anni e che tanto aveva amato, quello dell’istruzione, in particolare promuovendo gli scambi scolastici con le città europee gemellate.
Nel 2011, ormai in pensione, ma attivissima con le iniziative dell’associazione partigiana, si era trasferita a Torino, insieme al marito, per stare vicina alla figlia, che le aveva dato una nipotina. Qualche disturbo si era già manifestato, sotto forma di gastriti, nausea, occasionali dolori addominali. Anche se i sintomi erano lievi, il medico di famiglia, persona accorta, le aveva prescritto di tenersi sotto controllo. Ogni anno avrebbe dovuto sottoporsi a esami approfonditi e, nel caso, eseguire le necessarie gastroscopie e biopsie. Venne trovato l’helicobacter, un batterio molto diffuso nella popolazione (le statistiche dicono che è presente negli stomaci di 25 milioni di italiani). L’helicobacter in genere è innocuo, ma qualche volta può favorire la formazione di masse tumorali. Per qualche anno, tuttavia, non era stato trovato nulla di preoccupante. Le endoscopie rivelavano una zona dello stomaco leggermente infiammata, ma nulla di più. Finché, nel luglio 2014, al ritorno dalle vacanze, Elena si ricorda di dover andare a ritirare un istologico presso l’ospedale San Luigi di Orbassano, appena fuori Torino. E qui le rispondono che l’istologico non glielo possono consegnare. Deve parlare con un medico.
C’è un prima e un dopo.
Prima del tumore, e dopo il tumore. Chi ci è passato lo sa. La vita cambia, quando si viene aggrediti da un male così spaventoso. E con essa cambia il modo con cui percepiamo le cose. A volte questo cambiamento è in positivo. Si recuperano sentimenti perduti, si riassegna alla propria esistenza tutto il suo valore, si iniziano ad apprezzare le piccole cose che sono le vere gioie che durano. Per Elena è stato così. Ma la strada per arrivare a questa consapevolezza deve necessariamente passare attraverso la paura di non farcela. E salendo i gradini che la portavano all’ambulatorio – dove la dottoressa che le aveva praticato l’endoscopia l’aspettava per riferirle “comunicazioni importanti” – salendo quei gradini un senso di oppressione si faceva largo nella sua mente, mitigata solo dalla presenza amorevole di Francesco, il marito che la accompagnava con la consueta premura. La dottoressa disse: abbiamo trovato delle cellule ad anello con castone. Tradotto: c’è un carcinoma gastrico che deve essere rimosso subito. Questa era la notizia brutta. Ma ce n’era anche una che si poteva considerare buona. La formazione tumorale era abbastanza piccola e superficiale, e l’operazione si poteva fare.
La Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta è riconosciuta come un’eccellenza tra le più alte dell’intero sistema sanitario nazionale. Elena, la cui diagnosi era stata confermata da nuovi esami, venne immediatamente inserita in un PSDTA, ovvero nel Percorso Sanitario Diagnostico Terapeutico Assistenziale previsto per i casi come il suo.
Questo significava potersi interfacciare non con delle entità astratte, ma con delle persone precise che il sistema le metteva a disposizione: un chirurgo, un oncologo, un nutrizionista, uno psicologo e un infermiere specializzato che, oltre a prestare tutta l’assistenza necessaria, si occupava anche di prenotazioni e pratiche. Da questo punto di vista, Elena si sente ancora oggi una privilegiata. La squadra di professionisti che l’ha seguita era non solo molto preparata, ma anche gentile. E in casi come questi, la gentilezza è parte della cura.
Il chirurgo che affrontò il suo caso, un luminare, le disse: signora non si preoccupi, la opero io. Elena racconta che da quel momento si sentì al sicuro, protetta non solo dalla competenza delle persone che si occupavano di lei, ma anche sostenuta dalla loro empatia. L’operazione venne eseguita ad appena un mese e mezzo dalla diagnosi. Il tumore era di tipo T1. Significa che era piccolo. Ma piccolo non vuol dire poco pericoloso.
Il tumore gastrico è meno diffuso di altri tumori, ma è molto aggressivo. In qualche caso anche un T1 si è rivelato letale, e quindi non è da sottovalutare. Insieme alla parte di stomaco interessata – fortunatamente per Elena la gastrectomia fu parziale – vennero tolti anche 18 linfonodi. Uno solo di essi era metastatico. Una notizia tutto sommato rassicurante, che però non avrebbe evitato a Elena l’impegno di doversi sottoporre, nei sei mesi successivi all’operazione, a 12 cicli di spossante chemioterapia.
Come abbiamo detto,
Elena è una persona combattiva, perché è figlia della guerra. Ma detesta la retorica del combattente, soprattutto quando viene usata per parlare di chi ha il cancro. Il malato oncologico non è un eroe in battaglia, è una persona in difficoltà, che si trova costretta a ridefinire le priorità della propria vita e a ridurre l’ampiezza del suo orizzonte. Tutto, all’improvviso, diventa più piccolo.
E fu così anche per Elena. I sei mesi passati a fare chemioterapia si rivelarono particolarmente duri. Elena si domandava cosa sarebbe stato di lei non nel giro di dieci anni, ma nel giro di due settimane, da lì al prossimo ciclo di infusioni. Si poneva, insomma, degli obiettivi minimi. Senza scoraggiarsi, ma senza nemmeno fare voli pindarici. La sua vita sempre molto ricca sotto il profilo dell’impegno civico andava riorganizzata.
E anche sotto il profilo delle attività culturali si doveva, almeno temporaneamente, rallentare un po’. Negli anni precedenti si era molto spesa in questo senso, arrivando anche a scrivere un libro – con il marito Francesco, già autore di altri volumi – sulla storia degli alpini della Tridentina stanziati a Rivoli in preparazione della loro spedizione in Russia durante la Seconda Guerra Mondiale. Ora era venuto il momento di pensare un po’ di più a sé. Anche se l’operazione era andata bene, certezze sul futuro non ce n’erano. Ma anche nell’incertezza, la vita ci può regalare incontri significativi, che ridanno speranza, che restituiscono uno scopo.
Cercando informazioni su Internet, Elena si era imbattuta nell’associazione “Vivere senza stomaco si può”, e aveva conosciuto Claudia, che dell’associazione è co-fondatrice. La storia di Claudia la raccontiamo nel capitolo dedicato a lei, ma qui gioverà ricordare almeno che, dopo aver subito una gastrectomia totale, Claudia è diventata l’instancabile promotrice di relazioni, convegni e iniziative di ogni tipo a favore dei malati di tumore gastrico di tutta Italia.
Con un medico, con uno psicologo, puoi parlare, certamente. Ma non sarà mai come confidarti con un’altra persona che è passata attraverso lo stesso calvario. Entrando nell’associazione “Vivere senza stomaco si può”, Elena capì che poteva aiutare tante persone spaventate che avevano bisogno di una parola di conforto, o magari anche solo di farsi un bel pianto. Prima è stata lei a ricevere questo tipo di aiuto. Quando non capiva certe reazioni del suo corpo, e aveva bisogno di qualcuno che potesse dirle di non preoccuparsi, che erano manifestazioni normali e che sarebbero sparite col tempo. Poi, proprio come nella sua amata scuola aveva riversato sui suoi alunni l’amore che aveva ricevuto in casa, così nell’associazione “Vivere senza stomaco si può”, ciò che aveva ricevuto a un certo punto Elena ha iniziato a restituirlo in forma di amicizia profonda e intima con tutti gli associati, spesso persone più giovani giustamente smarrite di fronte alla prospettiva di un intervento così distruttivo come una gastrectomia.
Elena, che oggi è nel comitato direttivo dell’associazione, ne è stata anche la rappresentante presso il gruppo di studio istituito dalla Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta sul tumore gastrico. In mezzo a ricercatori, chirurghi e oncologi, la sua voce ha ribadito l’importanza di una comunicazione empatica, non asettica, e di un’opera di prevenzione, anche se il tumore non è tra i più diffusi.
C’è un prima e un dopo il tumore.
Elena, passati i cinque anni dall’operazione, è stata dichiarata ufficialmente guarita. Lei non si fida troppo, e i controlli continua a farli. In ogni caso, anche se sta bene, questa esperienza l’ha cambiata profondamente. Non sarà mai come se non fosse successo nulla.
Ora ha uno sguardo sulle altre persone più partecipe, e le amicizie che ha coltivato con chi ha patito la sua stessa condizione sono di quelle che durano per sempre. C’è poi un ritrovato gusto per le cose semplici che danno sapore alla vita.
Alla mattina Elena apre la finestra e se è una bella giornata tersa e si vedono le montagne che circondano Torino, dice: che bello! Prima di tutta questa incredibile vicenda non se ne accorgeva nemmeno, presa com’era dagli impegni e dai pensieri che portano via le giornate. Ma… e la passione civile? Al momento della stesura di questa piccola biografia, Elena ha 79 anni, ma è ancora vice Presidente del “Comitato Resistenza Colle del Lys”, e non manca di organizzare, ogni anno, dai 50 ai 70 incontri per le ragazze e i ragazzi delle scuole del Piemonte.